Per chi come me non ne avesse mai sentito parlare prima (credo che pochi al di fuori degli US ne fossero a conoscenza), i Beanie Babies sono questi pupazzetti a forma di animali.
Venduti nei negozi al prezzo di $5 e $10, alla fine degli anni 1990 divennero una vera e propria mania grazie ad una studiata campagna marketing dell’azienda produttrice che regolarmente ritirava alcuni modelli per introdurne di nuovi (alla fine furono oltre 200). Inizialmente ad interessarsene furono solo i collezionisti, ma presto si trasformò in isteria collettiva con prezzi che sul mercato secondario arrivarono fino a $5.000 per gli esemplari più rari come Peanut the Royal Blue Elephant ed assalti ai furgoni UPS che li consegnavano ai retailers. La bolla continuò ad accrescersi a tal punto che cominciarono ad essere considerati come un ottimo investimento di lungo periodo.
Più che la genesi della bolla (credo che leggendolo la maggior parte delle persone penserà: “non può essere vero!”), mi sembrano interessanti alcune delle considerazioni trovate nel libro.
La bolla speculativa dei Beanie Babies esplose quasi contemporaneamente a quella delle azioni Internet: come ben discusso dal prof. Shiller in “Irrational Exuberance”:
“Speculative market expansions have often been associated with popular perceptions that the future is brighter or less uncertain than it was in the past.”Alle porte del nuovo millennio, la upper class americana riteneva che il Nasdaq avrebbero reso tutti ricchi indipendentemente dal prezzo pagato; la middle class trasferì lo stesso ottimismo sugli animaletti di peluche. È difficile dire chi sbagliò di più.
In tutte le manie speculative, il potere della suggestione è l’elemento che porta la bolla a livelli non sostenibili. Nel libro “Contagious: Why Things Catch On”, il prof. Berger spiega come “le persone non pensano in termini di informazione, ma di narrativa”. Le storie di chi aveva comprato qualche Beanie Baby a $5 e li aveva rivenduti per l’equivalente di un’auto fecero espandere la mania più efficacemente di quello che qualsiasi strategia deliberata di marketing avrebbe potuto fare. Il Chicago Tribune scrisse all’epoca:
“Start talking Beanies, and just about everybody knows somebody who financed a wedding, a vacation, a new van or what have you with the proceeds of Beanie sales.”Charles Kindleberger, autore di “Manias, Panics, and Crashes: A History of Financial Crises”, ha spiegato come questa frenesia si auto-alimenta perché:
“Non c’è niente di più irritante di vedere un conoscente diventare ricco”,oggi riassunta nell’acronimo FOMO (“fear of missing out”).
Come accade con le cripto-valute, anche all’epoca esistevano in gran quantità le storie della segretaria che aveva abbandonato il proprio lavoro ed era diventata milionaria facendo trading con questi pupazzetti; e come sempre in queste situazioni, è quasi impossibile confermare i fatti a supporto di queste leggende. Un articolo del Wall Street Journal raccontava la storia di Michael Podraza, un tredicenne che si diceva avesse generato un fatturato di oltre $3 milioni sul suo sito BeanieX.com: nessuno riuscì mai a riconciliare questi numeri e molti collezionisti dell’epoca non avevano nemmeno sentito parlare di questo sito. [Secondo il libro oggi Michael è un hair stylyst in una cittadina dell’Illinois.]
Tutte le manie speculative hanno un qualche “profeta” che le amplifica ed abbondano libri, articoli, guru e pronosticatori carismatici che ne magnificano il valore come investimento.
“First some new thing comes along and captures the public’s imagination. Then everyone starts making money. After that, some person of average intelligence is held up as a genius.” (John Kenneth Galbraith, “A Short History of Financial Euphoria”)Il continuo aumento del prezzo, anziché un segnale di pericolo, viene al contrario considerato come l’imprimatur del successo dell’investimento, ed ogni impennata persuade più persone a partecipare. Sempre il prof. Shiller:
“I define a speculative bubble as a situation in which news of price increases spurs investor enthusiasm, which spreads by psychological contagion from person to person, in the process amplifying stories that might justify the price increases and bringing in a larger and larger class of investors, who, despite doubts about the real value of an investment, are drawn to it partly through envy of others’ successes, and partly through a gambler’s excitement.”Questo a sua volta convalida le speranze di quelli che erano già dentro, portando ad ulteriori aumenti e sempre più azione. La traiettoria dei prezzi è razionalizzata da presunti esperti con affermazioni come: “Un Beanie Baby è per sempre!”, “I bassi tassi d’interesse continueranno a supportare le vendite”, “La domanda sarà sempre superiore all’offerta”, … Nessuno si preoccupa di controllare che queste affermazioni siano accurate, l’unica cosa che conta è il momentum che le rende vere: finché i prezzi continuano a salire, chi è rimasto fuori è perché “non capisce”.
Nello stesso periodo aveva cominciato a guadagnare popolarità eBay, per il quale le vendite di Beanie Babies arrivarono a rappresentare il 10% del fatturato. Le teoria sul funzionamento delle aste (sulle quali era basato all’inizio eBay) dimostrano che non sono il modo più efficiente per vendere la maggior parte dei beni, perché consumano troppo tempo e risorse per oggetti che probabilmente saranno venduti ad un prezzo che le due parti avrebbero potuto anticipare prima dell’asta. Al contrario, le aste funzionano bene quando devono fissare il prezzo per qualcosa il cui valore è inerentemente indeterminato. Per gli stessi motivi, tuttavia, quando non si conosce il valore intrinseco e si è disposti a pagare qualsiasi prezzo, le sorprese sono sempre dietro l’angolo: per i Beanie Babies il ritorno alla realtà fu dovuto (in parte) ai Pokemon, che diventarono la nuova mania per i teenager. Quando ai Beanie Babies non rimase che il mercato degli speculatori, il loro prezzo crollò.
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