mercoledì 30 dicembre 2015

Riflessioni su 2 anni e mezzo di blog

Il 31 dicembre è il momento nel quale cui si tirano le somme su quanto accaduto nel corso dell’anno, e si stilano le classifiche delle cose migliori e peggiori che sono successe. In maniera simile, ho deciso di riconsiderare tutti i post pubblicati dall’inizio del blog (luglio 2013) e fare alcune considerazioni ex-post su quelli che ritengo più significativi.

Cosa è andato bene
Alcune delle small-cap presentate hanno offerto ottimi rendimenti, in particolare Total Produce, TFF Group, CNIM Group, Maisons France Confort e Cie. du Bois Savage.

Altre aziende, non discusse nei dettagli ma incluse nei portafogli per il 2014 ed il 2015, sono andate altrettanto bene: su tutte Grenkeleasing (+170% in due anni!), ma anche VIB Vermoegen, Indus, KAS Bank (poi venduta) e Thermador Groupe. [La performance dettagliata di tutte le posizioni sarà pubblicata appena disponibile.]

Le considerazioni fatte sulle banche - sia a livello micro che macro - sono state molto accurate in alcuni casi (in particolare sulla pessima “qualità” di quelle greche nonostante i prezzi di saldo e su Banca Profilo, che non è andata da nessuna parte), ma troppo conservative in altre situazioni (Banca Ifis, vedi sotto).

Tre IPO italiane sono state analizzate nel corso dell’anno:

  • OVS (febbraio): le mie conclusioni (qualità mediocre, valutazione non particolarmente allettante, benefici soprattutto per i venditori) sono state interamente smentite, e dal collocamento il prezzo è salito del 50%
  • Massimo Zanette Beverage Group (maggio): opinione simile al caso precedente ma questa volta più corretta: dopo essere crollato di un terzo, il prezzo è risalito ma non ha ancora rivisto il livello del collocamento
  • Banca IBL (novembre): anche su questa avevo espresso delle perplessità, che si sono poi rivelate corrette in quanto è stata costretta ad annullare la quotazione per mancanza di interesse da parte degli investitori.
La ricerca di investimenti non correlati è stata una costante negli ultimi due anni, con risultati però contradditori: Leucadia, che nonostante tutto continua a piacermi, è stata tutt’altro che un successo; Inmobiliaria Colonial è in attivo, ma avrà bisogno di ancora tempo per confermare o smentire la mia tesi; meglio è andata ai due investimenti “inglesi”, Kennedy Wilson Real Estate Europe e JZ Capital Partners (anche se, nel secondo caso, soprattutto grazie alla rivalutazione della sterlina).

Un’altra “serie” di post nel 2015 ha riguardato i fondi immobiliari italiani, considerati come special situation vista la loro natura a scadenza ed il forte sconto sul NAV. Dei due fondi analizzati nel dettaglio, Valore Immobiliare Globale era quello più interessante: ad oggi, il rendimento è positivo anche se non eccezionale, e la tesi mi sembra comunque ancora valida. L’altro, Alpha Immobiliare, era ancora più a buon mercato ma con proprietà di minor prestigio, e la mia conclusione era stata che “[…] il rapporto rischio/rendimento complessivo non mi sembra così attraente”: per il momento sembra essere andata proprio così.

Infine, due aziende (Petrobras, Vale) che avevano tutte le caratteristiche di value traps si sono effettivamente rivelate come tali, anche e soprattutto per le caratteristiche economiche e di corporate governance dei paesi nei quali operano.

Cosa NON ha funzionato 

Una rivisitazione delle analisi fatte non sarebbe né completa né onesta se accanto ai successi (o presunti tali) non comprendesse anche la lista degli sbagli commessi. Come discusso in questo post, ci sono tre tipi di errori nel campo degli investimenti.

Tra quelli facili da identificare (comprare un titolo che poi ha una performance negativa), oltre a quelli già citati nel post a livello personale devo sicuramente aggiungere anche Tesco. Tra i titoli discussi nel blog va messo British Empire, che rimane uno dei miei investimenti preferiti ma è sceso pesantemente nel corso del 2015, ed un paio dei titoli nei portafogli consigliati per il 2014 e 2015 (April, Leoni). Anche Ashmore, che continuo a ritenere uno dei modi migliori per investire nella crescita secolare dei mercati emergenti: tuttavia, il mio consiglio era di entrare attorno a £2,7, e chi l’avesse fatto sarebbe oggi in perdita. 

Gli errori di secondo livello (vendere un’azione in portafoglio che poi ha un performance positiva) sono più limitati, soprattutto perché non ho discusso pubblicamente molte vendite. Tra questi includerei Buzzi Unicem, salita (di poco) dal momento del mio sell ma che è troppo ciclica e capital-intensive; e Tesla, sulla quale sono ancora scettico ma ad oggi ha avuto ragione chi ha comprato.

Infine, il blog è pieno del terzo tipo di errori (non comprare un’azione che poi sale): a partire da SOL (dove gli aspetti positivi superavano quelli negativi ma non ero convinto della valutazione), passando per Ackermans&Van Haaren, Tamburi Investment Partners, Adidas, McDonald e Banca Ifis.

Giusto per essere precisi: dal punto di vista puramente economico, gli errori di terzo tipo sono del tutto identici a quelli di primo tipo. Personalmente, tuttavia, prevarrà sempre il concetto che tra perdere un’occasione e comprare qualcosa che non capisco o che ritengo sopravalutato, sceglierò sempre la prima opzione. Preferisco di gran lunga sbagliare essendo troppo conservativo.

Infine, tra gli errori va sicuramente annoverato anche Temenos, sulla quale mi ero addirittura sbilanciato con uno short sulla base di contabilità aggressiva e che invece ha continuato ad andar bene. Memo per me stesso: ricordarsi che identificare le azioni su cui andare short non vuol dire fare l’opposto di quando si va long. Richiede infatti un set di skills diverso da quello necessario per trovare buone azioni: i segnali di pericolo e valutazioni eccessive non sono sempre sufficienti ad indentificare uno short di successo.

Categoria speciale: “still undecided
Su due aziende sono ancora indeciso in quale categoria metterle.

La prima è Astaldi, della quale ho scritto nel luglio 2013 con un follow-up a settembre 2014: dai circa €5 della prima analisi il titolo è poi salito ad oltre €10 e ridisceso precipitosamente per ben due volte, per attestarsi oggi attorno a €6. Anche se molti potrebbero giustamente pensarla diversamente, per me le conclusioni continuano ad essere valide: un business troppo “erratico” ed “aleatorio” per i miei gusti che difficilmente produrrà sufficienti rendimenti nel lungo periodo nonostante la valutazione apparentemente a sconto. A questa tipologia di società aggiungerei anche Twitter, altrettanto "imprevedibile" e per me senza un vero moat. [Sul tema tecnologia vale anche quanto detto qui. Square, uno dei tanti unicorns, si è quotata poche settimane fa: la quotazione odierna è superiore rispetto al collocamento, ma l’IPO è stata conclusa solo dopo che il prezzo è stato notevolmente abbassato e soprattutto ad una valutazione dell’azienda molto inferiore a quanto implicito nei precedenti round di finanziamento.]

La seconda è Amazon: la mia conclusione era di attendere e monitorare la situazione, quindi andrebbe di diritto negli errori di terzo tipo visto che il prezzo è quasi raddoppiato. Ma in varie occasioni sono stato “accusato” di incompetenza perché secondo qualcuno avrei detto di comprare e dopo un mese il prezzo era sceso del 15%. Devo ancora decidere se sono un genio o un cretino…

Cose che è sempre bene tenere a mente
Alcune delle lezioni che ho (ri)imparato nel corso degli anni sono state riassunte qui e qui: scorrendo gli altri post vorrei aggiungere anche:

  • L’industria degli investimenti è troppo spesso parte del problema, non la soluzione 
  • La maggior parte di quello che viene “spinto” e venduto è dovuto a logiche di marketing, non al loro effettivo valore: dopo la crisi erano di moda le strategie di risk parity, oggi invece i piazzisti si riempiono la bocca di smart beta o fondi absolute return senza nemmeno sapere cosa sono realmente. La sostanza è molto, molto diversa… 
  • Mai credere alle promesse del management sul futuro roseo dell’azienda (soprattutto in situazioni di turnaround) senza controllare e verificare le loro asserzioni: in questo specifico caso si trattava del piano di rilancio di MPS, ma ci sono dozzine di situazioni simili non solo negli ultimi anni.
  • È praticamente inutile fare previsioni puntuali su cosa succederà in futuro (ad esempio con il prezzo del petrolio), soprattutto nel breve periodo. Nonostante questo, il mondo continua ad essere popolato di “guru” che sanno perfettamente cosa succederà: dire “non ne ho idea” non è un demerito. 
Post più letti
Tra i 10 post più letti in assoluto dominano quelli che trattavano di investimenti “hot” in quel momento, ma ce ne sono anche alcuni di carattere generale che rimangono popolari molto tempo dopo che sono stati scritti:

  1. P/E, EV/EBITDA, EV/EBIT, P/FCF,…: cosa usare e quando?
  2. Banca IFIS, ed altre considerazioni sull’analisi delle banche 
  3. IPO di IBL Banca 
  4. Banca Profilo: thanks, but no thanks 
  5. IPO di Massimo Zanetti Beverage Group 
  6. 15 idee per il 2015 
  7. Analisi macroeconomica (II): Equity Risk Premium 
  8. Goodwill 
  9. IPO di OVS 
  10. Un’idea per il 2016: short renminbi 

Alcuni errori (ma per fortuna ho evitato trappole come Grecia, commodities, utilities, banche, …), qualche buon risultato. Molti insegnamenti utili (mantenere le azioni che hanno performance operative soddisfacenti, basso turnover, non preoccuparsi dei movimenti nel breve periodo), ed un enorme grazie a tutti i lettori (oltre 50.000 visite!): a chi è arrivato qui per sbaglio, a chi ha commentato ed anche a chi ha semplicemente criticato.

3 commenti:

  1. Commento molto di rado anche se seguo con regolarità il suo formidabile blog secondo me, da vecchio cultore dei mercati, un'autentica perla. E dico davvero formidabile per contenuti e chiarezza e con l'occasione la ringrazio di cuore. In questa materia in una ottica di valore e fondamentali alcuni poi non sono nemmeno "errori" ma vale quanto detto da lei al secondo punto delle cose da tenere a mente: esattamente come altre merci può succedere che rimanga invenduto un ottimo maglione di gran qualità a un prezzo conveniente ed invece vada a ruba un capo scadente.
    Michael M.

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  2. Buonasera, trovo il suo blog molto interessante, senza sparate tipiche di molti blog sul web.

    Le chiedo una cosa: nel 2014 quando pubblicò (credo per la prima volta) il suo portafoglio di idee, scriveva: "Avviso: tutte le aziende sono small-cap (se non micro-cap) e sono tutt’altro che eccitanti a livello mediatico." - http://mrmarketmiscalculates.blogspot.it/2013/12/14-idee-per-il-2014.html

    Siccome queste idee sono tutte "Small Cap europee", non ho capito se c'è una ragione specifica perché abbia escluso le Mid/Large Cap europee.

    Cioè ha escluso le Large Cap perché non ne è riuscito a trovarne nessuna con valutazioni interessanti? O semplicemente non ha avuto modo/tempo di seguire le Large Cap?
    O ancora più semplicemente voleva fare proprio di proposito un portafoglio di sole Small cap europee.

    Glielo chiedo perché ho notato per caso che è dal 2000 che l'indice MSCI Europe Small Cap sovraperforma il Mid Cap Euorope ed enormemente il MSCI Europe Large Cap. E non riesco a trovare una ragione sensata alla cosa.
    Una sovraperfomance delle small ci può stare (teoricamente/solitamente le small cap dovrebbero essere più rischiose delle large, subiscono maggiormente situazioni avverse dell'economia), ma una sovraperfomance così elevata mi sembra davvero inspiegabile.

    Mi sono dilungato troppo, grazie se troverà il tempo di rispondere.

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    1. Non c’è una ragione specifica per la quale dai portafogli per il 2014 ed il 2015 ho escluso le Large e Mid-caps, nelle quali investo a mia volta e che qualche volta ho analizzato (Amazon, Alibaba, Leucadia).

      Volevo piuttosto fare un portafoglio di azioni “ignorate” dal sell-side, dagli investitori e dai giornali, tra le quali è teoricamente più facile trovare aziende sottovalutate e per le quali l’analisi fondamentale “dovrebbe” aggiungere del valore. Con dozzine di analisti che seguono IntesaSanpaolo, ENI, Novartis, Nestlè, etc…, non credo di poter avere una qualche idea originale o che aggiunga chissà cosa a tutto quello che si legge.

      Ho ricontrollato gli indici MSCI e quello che dice è corretto. In teoria, ha perfettamente ragione: nel lungo periodo anche Fama-French dicono che le small-cap hanno una performance migliore (nel loro modello perché considerate più rischiose).

      In realtà, non ho una risposta esatta: bisognerebbe andare a controllare la composizione esatta dei vari indici per essere più precisi. Le small-cap in genere sono azioni ad “alto beta”, cioè amplificano i movimenti del mercato: hanno infatti fatto molto meglio delle large-cap tra il 2002 ed il 2007, e poi dal 2009 ad oggi. Parte della spiegazione (non certo l’unica né la sola) è che gli indici di small-cap, soprattutto in Europa, hanno un peso molto minore nei titoli finanziari (e molto di più negli industriali), che nel corso degli ultimi 15 anni (ed in particolare dal 2009) ha sicuramente aiutato la loro performance.

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