mercoledì 6 luglio 2016

Cosa è successo finora nel 2016

Un grafico per riassumere l’andamento di alcune asset classes nei primi sei mesi dell’anno.

In campo azionario, i migliori investimenti sono stati in quei settori/mercati che avevano sofferto nel 2015 (Brasile, energia, oltre a tutte le commodities); all’altro estremo, stanno andando male quelli che invece avevano brillato lo scorso anno (Italia, Francia, Germania, finanziari). Forse a sorpresa, regge bene UK, almeno in valuta locale: la svalutazione della sterlina ha invece detratto dalla performance per gli investitori globali.


Ottimo inizio anno invece per i mercati obbligazionari: la continua discesa dei tassi risk-free (da ieri è negativo anche il treasury svizzero a 50 anni…) ha prodotto buone performance sia per le strategie governative che per quelle corporate.

Per finire, dopo essersi deprezzato nel 2015, e nonostante i problemi di Brexit, possibile disgregazione dell’Europa, banche, etc…, l’euro si è invece rivalutato nei primi sei mesi del 2016.


Fonte: MSCI, Bloomberg, al 30 giugno 2016, in valuta locale se non espressamente indicato diversamente. Per i mercati azionari la performance è price-only ed include azioni large-, mid- e small-cap. 

“No one knows what will happen” (parte II)
Se le considerazioni appena fatte sul capovolgimento delle performance non sono sufficienti, vorrei tornare su un argomento già trattato.

Molti dicono che adesso è troppo rischioso possedere azioni, e che sarebbe meglio vendere: tassi d’interesse negativi, Brexit, Russia Cina, attachi terroristici, aspettative di crescita globale in diminuzione, fiducia dei consumatori in calo, … Chiaramente, nessuno ha la sfera di cristallo per sapere cosa succederà: ma vorrei ricordare che il termine equity risk premium (l’extra rendimento che le azioni dovrebbero generare) contiene al suo interno la parola risk per dei buoni motivi.

Non si guadagna un risk premium se non c’è rischio. Molti investitori, inclusi quelli professionali, vogliono incassare il premio ma sembrano essere incapaci di sopportare il rischio. Gran parte della sottoperformance (per non parlare di veri e propri disastri) sono creati quando gli investitori ritengono di essere più “smart” di tutti gli altri e cercano di proteggere il loro downside, ad esempio cercando di fare market timing (“è il momento di togliere un po’ di chips dal piatto”, “non si sbaglia mai vendendo in profitto”) o utilizzando prodotti complicati (certificati, assets alternativi che alternativi non sono, …).

Dozzine di studi dimostrano come i risultati dell’investitore “medio” sono significativamente inferiori a quelli dei mercati, e non solo per i costi elevati di molti prodotti. Uno dei motivi principali è proprio il comportamento in momenti come questo: i risparmiatori si spaventano e cercano di uscire dai mercati che scendono rapidamente (2001, 2008, 2016?). Molti investitori restano fuori dai mercati “rischiosi” per anni ed aspettano che le acque si calmino per rientrare, ma intanto gran parte della performance se n’è andata.

È vero, a nessuno piace vedere il proprio portafoglio perdere 5% in un solo giorno o un titolo crollare di 30%; ma la verità è che se siamo fuori dai mercati nei periodi in cui vanno giù è molto probabile che saremo fuori anche quando vanno su.

Siate molto cauti e scettici se qualcuno, o un qualche prodotto finanziario, promette di darvi tutto l’upside ma nessun downside. In queste situazioni, o si tratta di qualcosa di complicato e costoso (molti di quelli venduti come alternative o absolute return), e quindi con rendimenti attesi inferiori, oppure di una vera e propria truffa.

Per guadagnare un risk premium (qualunque esso sia sia), bisogna accettare il rischio: non ci sono scorciatoie.

5 commenti:

  1. Oltre a non esserci scorciatoie, non sarebbe sbagliato implementare una qualche forma di protezione dal rischio. Matteo, se posso chiedere, tu che tecniche usi o come ti approcci al problema dell'incertezza futura?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. "Rischio" è un concetto individuale, quello che è rischio per qualcuno può non esserlo per altri.

      Per me quello che funziona (non sempre, ma spesso si) è allungare l'orizzonte temporale (se possibile) e ricercare un sufficiente margine di sicurezza.

      Elimina
    2. Grazie della risposta, evinco che tu non implementi tecniche di hedging.
      Io penso che ad essere indivuduale e soggettiva non sia il rischio per sè, ma piuttosto la sua percezione.

      Elimina
    3. così intendi per "tecniche di hedging"? Per le valute no, preferisco "own the stock, own the currency"; ETF short o strategie simili per proteggersi dal crollo dei mercati azionari, anche qui preferisco astenermi. Altre forme di "assicurazione", invece alle volte le implemento (vedi short su CNY).

      Elimina
    4. Intendevo utilizzo di etf short o meglio ancora derivati (opzioni). Sto studiando di recente il tail risk hedging e quello che propone Mark Spitznagel (hedge fund Universa) qui:

      http://www.zerohedge.com/news/2015-01-23/mark-spitznagel-value-tail-hedged-equities

      e mi chiedevo se ne te fossi mai occupato e avessi opinioni in merito. Ciao, Michele.

      Elimina