Partendo da un campione di 48 eventi, suddivisi tra le classiche crisi da deflazione del debito tipiche dei paesi con valuta forte (reserve currency) e crisi inflazionistiche dovute ad eccessivo debito estero, Dalio delinea quali sono gli scenari che le hanno causate e le risposte delle autorità monetarie e fiscali.
Il libro non è così lungo come sembra: la parte teorica copre le prime 60 pagine, mentre le altre sono dedicate ai case studies (nel dettaglio: le tre principali crisi - Germania 1918-1924, US 1929 e 2007 - più gli altri 48 eventi considerati). Può interessare più gli studenti di economia ed i regulators che i gestori, ma vale la pena sfogliarlo anche solo per i grafici.
Dalio mette soprattutto sotto accusa gli stringenti mandati di targeting dell'inflazione delle banche centrali: poiché in ultima istanza queste controllano la creazione del credito, hanno gli strumenti necessari per affrontare – e dove necessario correggere - la formazione delle bolle e delle seguenti crisi. Focalizzarsi sui tassi di inflazione di breve periodo, ignorando l'impatto delle bolle, è una visione piuttosto ristretta di cosa sia l'inflazione.
In maniera simile a quanto fatto da altri (primi fra tutti Hyman Minsky e Charles Kindleberger, ma anche Jeremy Grantham a GMO), Dalio fornisce una semplice struttura per riconoscere una bolla:
- I prezzi (non solo negli assets finanziari) sono superiori rispetto alle misure tradizionali
- Questo perché stanno scontando un rapido apprezzamento in futuro da questi livelli già alti
- C'è un ampio sentimento rialzista
- Gli acquisti vengono finanziati dalla leva
- Gli acquirenti hanno anticipati operazioni future su tempi molto lunghi (ad esempio per scorte di prodotti, contratti per forniture, etc.), sia per speculare che per proteggersi da futuri aumenti di prezzo
- Nuovi acquirenti (che non erano precedentemente sul mercato) sono entrati in massa
- La politica monetaria accomodante contribuisce a gonfiare ulteriormente la bolla (ed una politica restrittiva a causarne lo scoppio)
“To reiterate, the two biggest impediments to managing a debt crisis are: a) the failure to know how to handle it well, and b) politics or statutory limitations on the powers of policy makers to take the necessary actions. In other words, ignorance and a lack of authority are bigger problems than debts themselves.”Gli strumenti a disposizione delle autorità per affrontare una crisi del debito sono:
- Contenere il panico garantendo le passività
- Fornire liquidità
- Sostenere la solvibilità delle istituzioni di importanza sistemica
- Ricapitalizzare / nazionalizzare / coprire le perdite di istituzioni finanziarie sistemicamente importanti
Un altro dei punti sollevati da Dalio è che stampare moneta durante una crisi non è necessariamente inflazionistico, perché compensa semplicemente la distruzione del credito nel sistema finanziario. Per avere una minima speranza di uscire dalla situazione, i policy makers devono puntare a portare il tasso di crescita nominale al di sopra dei tassi di interesse nominali (i.e., crescita reale positiva), usando le tre tipologie di politiche monetarie a loro disposizione:
- La determinazione dei tassi d’interesse, “…the most effective because it has the broadest impact on the economy”
- Stampare denaro (oggi chiamato quantitative easing) per acquistare attività finanziarie, tipicamente debito emesso da qualcun altro
- Spingere il denaro nelle mani dei consumatori anziché dei risparmiatori, incentivandoli a spenderlo
Per quanto riguarda invece le crisi in paesi che non hanno una reserve currency (ad esempio quelli emergenti), la politica più efficace sembra essere quella di procedere velocemente e inflessibilmente ad una svalutazione della valuta domestica: renderla sufficientemente attraente ad un determinato tasso d’interesse per gli investitori esteri aiuta infatti a stabilizzarla, eliminando le aspettative di inflazione galoppante ed il rischio di una spirale al ribasso.
Un argomento che invece Dalio non approfondisce ma che è al contrario molto importante è che le crisi da debito non sono semplicemente dovute al suo eccesso nel sistema finanziario, quanto piuttosto al collateral, ovvero quello che si è finanziato. Se chi ha preso troppo a prestito ha comunque una buona “garanzia”, il sistema può essere in equilibrio. Se invece il debito è andato in quello che la scuola economica austriaca chiama mal-investimenti (che non valgono quello che si pensava o il cui valore crolla), allora abbiamo un problema. Questo punto è implicito, ma andrebbe esplicitato nel contesto di tutte le discussioni sull’indebitamento globale: il debito (in termini monetari assoluti) cresce in maniera naturale nel corso del tempo perché è una funzione della crescita economica. Ma sono la solidità del debitore, del creditore e della garanzia quello che importa a livello sistemico.
Serve molto a poco confrontare il debito nei vari paesi (suddiviso magari tra stato, aziende e famiglie) senza approfondire cosa è stato fatto con esso: se è servito a comprare case più grandi che non ci possiamo permettere (US sub-prime), la situazione è pericolosa; se serve a finanziare infrastrutture che si spera aumentino la produttività (Cina), è tutto un altro conto. Se invece serve a spingere a comprare un nuovo iPhone o una tv al plasma, allora è un dramma (oltre che stupido).
La sintesi di Dalio è:
“Managing debt crises is all about spreading out the pain of the bad debts, and this can almost always be done well if one’s debts are in one’s own currency. The biggest risks are typically not from the debts themselves, but from the failure of policy makers to do the right things due to a lack of knowledge and/or lack of authority. If a nation’s debts are in a foreign currency, much more difficult choices have to be made to handle the situation well—and, in any case, the consequences will be more painful.”
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