lunedì 20 aprile 2020

Strategie difensive (parte II): Risk parity

Se le strategie di tail risk hedging sono state quelle che hanno dominato finora il 2020, quelle che hanno deluso di più sono sicuramente quelle di risk parity.

[WFRPX in blu è Wealthfront Risk Parity Fund, PPRNX in rosso è Putnam PanAgora Risk Parity Fund, QRMIX in verde è AQR Risk Parity II MV Fund: il “vecchio” fondo AQRNX - AQR Risk Parity Fund ha cambiato nome https://www.bloomberg.com/news/articles/2018-12-07/aqr-strips-risk-parity-name-from-mutual-fund-after-redemptions a fine 2018 dopo performance deludenti ed oggi è un fondo multi-strategy]

Il fondo All Weather di Bridgewater sembra invece essere salito di 10% al 31 marzo, mentre le altre strategie macro di Dalio hanno fatto abbastanza male: a metà marzo perdevano 20% da inizio anno (non ho le performance più aggiornate).
L’idea dietro risk parity è di allocare il portafoglio in modo che tutte le sue componenti abbiano lo stesso contributo al rischio complessivo, aggiungendo poi leva finanziaria sull’asset meno rischioso (in genere le obbligazioni) per ottenere il profilo di rischio/rendimento voluto. Funzionano bene finché le correlazioni storiche sono rispettate, molto meno bene in un meltdown generale: AQR ha appunto subito molti deflussi quando azioni ed obbligazioni scesero assieme nel 2018, e lo stesso è successo a marzo.

Questa metodologia ha delle solide basi nelle teorie economiche, ma utilizzare la volatilità e le correlazioni per determinare i pesi nel portafoglio implica che i rendimenti delle varie classi sono un’approssimazione lineare dei fattori di rischio. Questa è una imprecisione, perché questi rendimenti sono invece dinamici ed una funzione non-lineare dei fattori economici sottostanti. Nel caso di azioni ed obbligazioni, ad esempio, la correlazione (che è una misura statistica, non una caratteristica implicita dei mercati) varia nel tempo tra positiva e negativa a seconda del fattore economico prevalente in quel momento.

 

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