Dal picco di agosto ($134), il prezzo di Apple è oggi sceso di circa 18%: è la naturale conseguenza per un’azienda che tratta ad un P/E di quasi 40x ma con nessuna crescita?
Nella tabella sottostante ho riportato l’evoluzione delle principali voci di bilancio dal 2015 ad oggi.
[Tutti i valori sono in miliardi di $ con l’eccezione di EPS, e si riferiscono al 30 settembre di ogni anno, data di chiusura dell’anno fiscale]
Riassumendo:
- Negli ultimi 5 anni il fatturato è aumentato di solo 3% l’anno, non esattamente un trend da azione growth
- Le vendite di iPhone (ancora la voce principale, 50% del fatturato) si sono contratte di oltre 2% l’anno
- Apple è stata “salvata” dal segmento “Wearables & Home” (AirPods, Apple TV, Apple Watch, HomePod, …) e da quello “Services” (advertising, cloud, digital content, pagamenti, …), che oggi rappresentano, rispettivamente, 11% e 20% del fatturato
- Il margine lordo è rimasto stabile e sempre elevato attorno a 38%-40%, ma di nuovo grazie soprattutto al segmento Servizi
- Il margine operativo (EBIT) si è invece contratto da 30% a 24%
- Gli utili netti sono aumentati di solo 1,5% l’anno (metà della crescita del fatturato), ma solo grazie alla riduzione delle tasse implementata da Trump
- Gli utili per azione (EPS) sono aumentati in maniera più consistente per la marcata riduzione delle azioni in circolazione
- Pur mantenendo un’enorme liquidità netta, questa si è ridotta a causa dei buyback e del fatto che i flussi di cassa sono rimasti invariati (notare anche la riduzione del capex negli ultimi 24 mesi)
Come era prevedibile, questo ha avuto un impatto anche sul prezzo dell’azione: l’eccellente rendimento annuo dal 2015 (+33% annuo, +320% cumulato) è venuto solo in piccola parte dall’andamento dei fondamentali (EPS +43% cumulato) e principalmente dall’espansione (giustificata) dei multipli.
Il settore dei consumer hardware è molto difficile: per crescere un’azienda deve vendere più unità (o riuscire a chiedere un prezzo maggiore), e purtroppo Apple ha smesso nel 2019 di riportare il numero di unità vendute. A titolo di esempio, nel 2018 sono stati venduti 217 milioni di iPhone rispetto ai 231 milioni del 2015.
All'inizio la sfida è soprattutto operativa (capire come assemblare una fotocamera migliore, come aggiungere altre funzionalità, …), ma nelle fasi successive emergono due problemi: a) le dimensioni del mercato; b) il ciclo di aggiornamento del prodotto si allunga.
La questione del mercato potenziale all’inizio è relativamente semplice: se ad un gruppo di fan piace la versione attuale del prodotto, un gruppo più ampio acquisterà una versione migliorata. Ma con il passare del tempo diventa sempre più difficile: accrescere il mercato ogni anno significa spingere sempre più persone a cambiare qualcosa nel loro stile di vita.
Cicli di prodotto più lunghi si verificano per motivi legati sia al prodotto che al mercato. Molti prodotti passano da impossibile a possibile, ma raramente da impossibile a perfetto in un solo passaggio; tuttavia il mondo è pieno di prodotti che non sono “perfetti” ma comunque quanto più buoni si possa sperare. È difficile che qualcuno possa lanciare un nuovo frullatore ed aspettarsi di conquistare tutto il mercato.
E questo porta al secondo problema: quando la popolazione degli acquirenti passa dai fan iniziali al cliente medio, si modifica anche da persone che acquisteranno ogni nuovo aggiornamento all’insieme molto più ampio che è soddisfatto delle impostazioni correnti e non sente la necessità pressante di avere l’ultimo modello. Tutte le aziende hardware prima o poi arrivano ad un punto nel quale hanno sovrastimato il mercato potenziale o il grado di miglioramento incrementale che è essenziale per i loro clienti. Ed al contrario del software, hardware non ha un costo marginale pari a zero (marketing, produzione, rimanenze, …).
Ci sono ovviamente dei modi per sfuggire a questo fato, ed il principale è proprio quello adottato da Apple: fare il bundling del prodotto hardware con una qualche forma di sottoscrizione periodica. Apple oggi ha qualcosa come 585 milioni di abbonati paganti ai suoi services, che le consentono di guadagnare su tutto il ciclo di utilizzo del prodotto piuttosto che solo da un acquisto all’altro. È (è stato?) questo il suo motore di crescita: può aggiungere funzionalità hardware che in seguito monetizza attraverso prodotti software (le fotocamere ad alta risoluzione, ad esempio, aumentano le probabilità che gli utenti esauriscano lo spazio di archiviazione e debbano pagare di più), una parte fondamentale della sua strategia.
Tuttavia, alla capitalizzazione corrente di $1,9 trilioni, per generare un rendimento pre-tasse di 10% Apple deve distribuire ogni anno $190 miliardi per sempre, ovvero quasi 3x quello che ha prodotto nell’anno fiscale appena concluso, ed un ammontare che cresce di 10% ogni anno che passa. Questo è quello al quale si riferiva Warren Buffett nel 1999 spiegando che difficilmente Cisco sarebbe cresciuta al punto da giustificare la sua valutazione all’epoca (anche se non ha citato direttamente l’azienda, dai valori sembra che si riferisse proprio a Cisco). E sappiamo come è andata: nonostante la crescita di fatturato ed utili, dopo 20 anni Cisco deve ancora rivedere i prezzi del 1999!
Nel 2015 Apple era un’azienda value (P/E 12x, EV/FCF 7x: Buffett ha cominciato a comprare a maggio 2016), mentre oggi le valutazioni sono più da azienda growth (anche se il multiplo EV/sales di 7x è ancora modesto rispetto a quello di ad altre aziende tech) pur non avendo molta crescita.
Questo non esclude che il titolo possa riprendere a galoppare nel breve/medio periodo, non solo per la capacità di innovare e per i migliori profitti dei servizi, ma anche perché restituisce agli azionisti qualcosa come $85 miliardi l’anno grazie alla sua solidità finanziaria. Ma è difficile vedere come alle valutazioni attuali possa offrire un rendimento in linea con quello recente: i numeri sono troppo grandi.
Molto interessante come sempre questa analisi! A me pare che il punto chiave sia il passaggio di Apple da azienda hardware ad azienda prevalentemente di servizi. E rispetto a google/facebook con un'attenzione alla privacy e al rispetto dei dati del cliente molto alta. Poi e' chiaro che l'attuale valutazione di AAPL e' oggettivamente alta e non si vede bene come possa in futuro proseguire la crescita in borsa degli ultimi anni senza arrivare a multipli da bolla.
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